Le soluzioni tecniche non bastano più. Serve visione, responsabilità e una nuova governance della cybersecurity. Il vero rischio? Pensare che basti un antivirus
Negli ultimi dieci anni, si è parlato moltissimo di protezione informatica. Eppure le aziende continuano a essere esposte, vulnerabili, disorientate. Perché? Non è solo un problema tecnico. È un problema organizzativo e culturale. I rischi aumentano perché:
Il risultato? Software installati ma non aggiornati. Sistemi formalmente “sicuri” ma in realtà fragili. Personale formato a metà. Budget spesi, senza ritorno.
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Un tempo bastava chiudere la porta dell’ufficio. Oggi anche la più piccola azienda si affaccia ogni giorno su decine di varchi digitali. Non serve essere una multinazionale per finire nel mirino: basta un indirizzo email, una password debole o un fornitore poco protetto.
La cybersecurity, intesa come insieme di strategie, strumenti e comportamenti volti a proteggere dati e infrastrutture da accessi non autorizzati, è diventata parte integrante della gestione d’impresa. Ma non si tratta solo di installare un antivirus o aggiornare il firewall: serve una visione, una politica attiva, una cultura aziendale che metta al centro la sicurezza come processo continuo. Nel mondo iperconnesso in cui viviamo, ogni dispositivo che si collega a una rete rappresenta una porta d’accesso. Ma cosa succede quando quella porta è stata costruita male, con materiali scadenti, e magari da mani che non rispettano alcuna regola? I dispositivi ICT contraffatti – smartphone, modem, router, ma anche laptop e accessori – sono oggi una delle principali minacce alla sicurezza informatica delle imprese, spesso sottovalutata o ignorata.
6 pilastri per proteggere l’identità digitale: strategie essenziali per una sicurezza efficace2/4/2025 La nostra identità digitale è una parte fondamentale della nostra vita moderna, contenendo informazioni personali, finanziarie e professionali di grande valore. Con l'aumento delle attività online cresce anche il rischio di esposizione a minacce informatiche, rendendo indispensabile adottare misure di protezione efficaci.
La cybersecurity è spesso affrontata con un focus esclusivamente tecnico, concentrandosi sulla protezione delle infrastrutture digitali e sull’evoluzione delle normative di sicurezza. Tuttavia, questa prospettiva rischia di trascurare un aspetto fondamentale: la cybersecurity non è solo una questione di sistemi e software, ma anche di persone e società.
Negli ultimi anni la digitalizzazione ha portato molte istituzioni e aziende europee a migrare la propria infrastruttura informatica su piattaforme cloud statunitensi, con conseguenze strategiche e geopolitiche preoccupanti. L’adozione di servizi di Amazon, Google e Microsoft per la gestione di dati pubblici e privati espone l’Europa a un evidente rischio di dipendenza tecnologica. Ma esistono alternative valide? E come possono proteggersi le aziende che hanno già investito nel cloud?
Nel panorama odierno, in cui gli attacchi informatici diventano sempre più sofisticati, le aziende devono adottare strategie che non solo proteggano i loro dati, ma che lo facciano senza ostacolare la produttività. È qui che entra in gioco il modello Zero Trust, un approccio che non dà per scontata la fiducia nei sistemi interni o esterni, e che sta rapidamente diventando un pilastro per le PMI che vogliono rimanere competitive.
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